Fattura elettronica, alle aziende serve semplificazione (non una proroga dell’obbligo)

Le imprese del nostro Paese,non hanno bisogno di una proroga rispetto alla data fissata per il primo gennaio 2019, quanto piuttosto di una drastica semplificazione fiscale. Abituate a misurarsi costantemente con concorrenti aventi una burocrazia fiscale più snella e meno onerosa rispetto alla nostra, avranno un vantaggio competitivo dalla fatturazione elettronica. L’obbligo introdotto dalla legge del 27 dicembre 2017 n.205, prevede l’adozione della fattura elettronica sia tra soggetti Iva (B2B), che nei confronti dei consumatori finali (B2C).

L’Italia è il primo paese nell’Unione Europea a introdurre un obbligo generalizzato di fatturazione elettronica B2B/B2C, e per tale motivo, facendo leva sia sul formato XML, che consente l’elaborazione automatica dei dati, sia sul modello adottato, in cui l’Agenzia delle Entrate avrà i dati delle fatture prima ancora che questi arrivino al cliente, sarà necessario che il legislatore acceleri nel semplificare gli adempimenti fiscali. Diversamente, si rischierebbe di aggravare ulteriormente i costi della burocrazia fiscale, se non addirittura aumentare l’evasione definita “con consenso” oggi stimata in 15 miliardi di euro annui, ove cioè le parti si accordano a non certificare l’operazione con emissione di fattura.

Come semplificare la fattura elettronica

È necessario, quindi, da una parte intervenire a rendere l’obbligo di fatturazione elettronica meno impattante per le imprese consentendo loro di poter verificare per esempio l’esistenza della partita Iva e del codice fiscale in anagrafica tributaria, dall’altro accelerare sulla semplificazione in almeno tre direzioni:

● con riguardo a talune procedure amministrative, consentendo, per esempio, il superamento dell’associazione del protocollo Iva alle fatture elettroniche pervenute dal SdI, dato appunto che alle stesse viene attribuito centralmente un < Identificativo SdI> nel momento in cui sono transitate dal Sistema;

● con riguardo alla tenuta di talune scritture contabili, consentendo, per esempio, di evitare la tenuta e la conservazione dei registri Iva acquisti e vendite delle imprese in contabilità ordinaria, se le medesime informazioni sono annotate nel file SInCRO che sarà oggetto di firma digitale e marca temporale;

● con riguardo ad alcune procedure di riscossione dell’Iva, come per esempio lo split payment, dato appunto che l’obbligo di fatturazione elettronica consente di monitorare praticamente in tempo reale le liquidazioni e i versamenti delle imprese dei soggetti Iva.

La delega UE

Per introdurre il suddetto obbligo è stato necessario chiedere una deroga al Consiglio dell’Unione Europea, concessa con decisione di esecuzione 2018/593, dato che gli articoli 218 e 232 della direttiva 2006/112/CE non prevedono la possibilità di una introduzione generalizzata della fattura elettronica in quanto la stessa può essere trasmessa solo “previo accordo del destinatario”. Nella suddetta decisione di esecuzione vengono rilevate le principali motivazioni che hanno portato il nostro Paese a introdurre tale obbligo e che sono da imputare essenzialmente alla “lotta alla frode e all’evasione dell’IVA” (ricordo che 1/4 dell’evasione Iva europea è prodotta nel nostro Paese), e alla “semplificazione della riscossione delle imposte”, ed è utile rammentare che per avere una proroga della deroga concessaci sino a dicembre 2021, sarà necessario presentare una relazione alla Commissione utile a dimostrare la bontà della scelta presa dall’Italia. Sarà quindi necessario che il suddetto documento sia quanto più affidabile e puntuale possibile, e cioè significa non introdurre proroghe rispetto alla data del 1° gennaio 2019, dato il già scarso tempo a disposizione per eseguire le suddette analisi.

Come detto, sebbene il contrasto all’evasione Iva sia la principale motivazione che ha portato a introdurre tale obbligo, ve ne è anche una seconda altrettanto importante, e riguarda la “semplificazione della riscossione delle imposte. Secondo il Doing Business, annuale classifica svolta dalla Banca Mondiale che misura la capacità di uno Stato ad attrarre imprese straniere (analizzando per esempio la semplicità nell’avviare un’impresa, l’accesso al credito, le imposte versate, etc), l’Italia è al 46° posto su 190 (UK al 7°, Spagna al 28°, e Francia al 31°), ma quello che più di tutto dovrebbe far riflettere è che siamo al 112° posto con riguardo all’indice “Paying taxes”, ove viene misurato anche il tempo richiesto per essere conformi alle disposizioni fiscali, e dove in Italia sono richieste ben 238 ore ad anno, quando in Gran Bretagna ne bastano 110, in Francia 139 e in Spagna 152.

L’impatto sulle imprese

Se l’aspetto fiscale e la relativa semplificazione sono un prerequisito di sistema, non meno importante è la competitività delle aziende sui loro mercati di sbocco. La fatturazione elettronica come può attivare un percorso di miglioramento complessivo? Sono sostanzialmente quattro gli elementi sui quali vale la pena soffermarsi, che fanno comprendere quanto questo provvedimento impatti all’interno e sugli ecosistemi di riferimento delle imprese:

  • la fatturazione elettronica (tra privati) si traduce in processi interni e di relazione più snelli e, di conseguenza, meno costosi, soprattutto se la dematerializzazione di un documento – la fattura – si sposta su un intero processo lavorativo – per esempio il ciclo dell’ordine – in grado di generare benefici diffusi in più comparti aziendali. Ciò significa avere processi produttivi più efficienti e, di conseguenza, avere più frecce all’arco nella gestione della marginalità aziendale;
  • il controllo di gestione e il credit management trarranno dei benefici proprio per la granularità delle informazioni disponibili attraverso la fattura elettronica e gli altri documenti a essa connessi a monte e a valle;
  • la presenza del Sistema di Interscambio conferisce al documento che vi transita la ‘legittimità fiscale’. Ciò significa che gli istituti di credito e finanziari dispongono di uno strumento in più per l’analisi del merito creditizio, rendendo non solo più snelli i processi di concessione ma anche più controllabili i livelli di rischio;
  • la disponibilità di più documenti – a partire dalla fattura – in formato elettronico elaborabile, facilita la collaborazione (elettronica) all’interno delle supply chain, rendendo più snelli non solo i flussi informativi ma anche i processi decisionali e di miglioramento tra i diversi soggetti (fornitori, clienti, vettori, canali di distribuzione, …). L’interconnessione spingerà a migliorare la fidelizzazione e a elevare la qualità complessiva degli output, proprio perché l’informazione sarà più tempestiva.

In un panorama sempre più digitale e interconnesso, la comunicazione analogica diventa sempre più obsoleta e costosa. Non deve sfuggire che il 26% delle micro e piccole imprese ha dichiarato che non è interessato a sviluppare progetti digitali e che tra gli ostacoli principali individuati dalle aziende per lo sviluppo di progettualità digitali il 17% di grandi imprese e PMI cita l’assenza di una visione digitale, mentre il 15% delle grandi aziende e il 20% delle PMI ritengono la carenza di competenze digitali un ulteriore freno (fonte: Osservatorio Fatturazione Elettronica & eCommerce B2b del Politecnico di Milano).

In attesa che i percorsi formativi e di sensibilizzazione non tanto all’uso di strumenti – evitiamo di confondere come al solito la formazione con l’addestramento – quanto sulla capacità del digitale di creare valore, siano più frequenti ed efficaci, l’obbligatorietà aiuta, anche se con qualche ‘mal di pancia’, a non perdere il treno dello sviluppo. Non va sottovalutato, infatti, che secondo il Digital Economy and Society Index (DESI), l’Italia si posiziona al 25esimo posto su 28 per livello di digitalizzazione in Europa. Più tardi si arriva, più tardi la nostra competitività potrà risalire la china. E, allora, ben venga l’obbligo della fattura elettronica anche nel B2b per parlare sempre di più un linguaggio comune.

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